lunedì 14 settembre 2009

Schadenfreude

Schadenfreude

Sedulo curavi humanas actiones non ridere, non lugere,
neque detestari, sed intelligere.

(Ho assiduamente cercato di imparare a non ridere delle azioni degli uomini,
a non piangerne, a non odiarle, ma a comprenderle.)


Ora, i pozzi letterari sono da lungo tempo avvelenati.
L'untore ignoto, anzi, è stato tanto avveduto da infettare la falda acquifera con demiurgica onnipotenza, sommo Amore. Un intruglio porfirico, dall'odore riconoscibile ai più, assale le narici di chiunque beva da queste fontane. Una miscela velenosa, minerale e antica quanto il logos - e anzi vegetale, estratta dalle radici della pianta dell'immortalità, immortalità, se mai qualcuno ha creduto alla favola di Ziusudra.
Una verdure assolutamente ricercata, come dire che there was good sport in his making. Concediamogli dunque vita e autocoscienza, un'identità e un sesso, e il gioco è fatto.
E no, non parleremo di ossa o di topi in questa sede. Negheremo noi stessi, un paio di volte, ma niente topi.

I sintomi di questa intossicazione paraletteraria, dunque. Sono facilmente riconoscibili, specialmente dopo un'esposizione prolungata e senza il sostegno di amici e familiari che possano fornire una base sicura per il beccheggio febbrile del cervello paziente: malessere psicologico, allucinazioni, deliri imaginifici e, talvolta, una dialettica del dolore oscillante tra masochismo e sadismo. Una prematura e affrettata esposizione alle lettere sembra ridurre le possibilità di guarigione: è anzi probabile che l'ossessione si tramuti in una vera e propria monomania, nei casi più precoci.

Noia e gusto del dolore sono in realtà un'unica entità bifronte: alla profanazione di sé stessi non può seguire che una volonta discontinua, ma pulsante, di annullamento.
Qualcuno ricorderà il landolfiano Ottavio di Saint-Vincent, "a cui bastava che una cosa fosse possibile per intenderla come già avvenuta e per giudicare in certo modo inutile che avvenisse". La più pura delle forme di inedia, un oblomovismo dopo ossessiva torrefazione. Passo necessario, per alcuni uno stallo.
Il passo successivo, per taluni, è la decostruzione ludica della realtà, poi lo sfregio distruttivo - e tra le due sponde sono gettati più ponti del necessario.

Ora, sospetto che questo gusto per lo sfregio sia in realtà un frutto immaturo ed ingenuo della sensibilità letteraria. Specchio di una cultura letteraria ormai ridotta a mera funzione-finzione, sussidio esistenziale generato e non creato da qualche centinaio di letture, un lustro di latino e qualche citazione in francese. Una cassetta per gli attezzi, relativamente economica, con cui simulare le cose possibili. Una macchina di Turing un po' raffazzonata, che processa algoritmi esistenziali ed esperienze sensoriali.
Una volta processate le cose del mondo, resta la passione per le tele tagliate e le serigrafie della Monroe. Passione pericolosa, sul filo dell'esondazione. Se non altro perché fuori tempo massimo - come il gel per chi soffre di alopecia (mi scuserete lo shock estetico di un accostamento tanto smaccatamente kitsch: dovevo farmi perdonare per le prime cinque o sei righe, comprenderete).

Ora, la letteratura è un gioco? Se sì, ha le sue regole? Lascio a voi la risposta. Mi limito a credere che gli oggetti non siano per niente tristi. Nè sono gioiosi. Sono in stato di quiete. La rappresentazione letteraria, simbolicamente elaborata e culturalmente traslata, delle cose del mondo ha l'odore dello specchio di Vento-e-Luna. Cosa è preferibile al silenzio?

E poi, di passaggio, mi capita di pensare a Dante, quasi per caso, e di chiedermi se per lui la letteratura fosse cosa tanto terribile. La drammatica potenza del bonaventuriano itinerarium mentis in deum è molto più che un pezzo di bravura straordinario: è un atto fondativo. Costanti antropologiche e giochi linguistici edificano insieme porte sublimi. L'atto di scrivere sulla soglia con il pennarello non aggiunge niente se non la banalità dell'entropia, che crede di scoprire sé stessa.

I cavalli sono persone malvage, dicevamo.
E il letterato non è un architetto. Più che altro opera tra la sfera del senso comune e quella del sapere amministrativo - scienza e filosofia, a seconda dei casi. Ma credo sia ora di dire che l'autarchia iconoclasta del poeta metrosexual sia pronta per la discarica dei frigoriferi. Ci sono finiti Lucano, Carducci, gli epitomi della poesia francese ottocentesca: siamo in buona compagnia. Beviamo dai calici del sidro e attendiamo fiduciosi il ritorno dei fomoriani dal mare, sulle pianure d'Irlanda.

14 commenti:

  1. io glielo chiedo sempre. così si irrita. anche domani. così si irrita.
    senti, ma io secondo te sono carina?
    E ascoltami e guardami.
    Senti, ma io secondo te sono carina?

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  2. @noluntas: no. Però i buoni scalpi, e noi lo sappiamo, hanno un certo fascino.

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  3. Secondo me Manuel è molto carina. è anche bene educata e conosce il Padre Nostro.

    Ad ogni modo, amico mio. Il vecchio Ottavio è decorativo. Esplicitamente definito tale. E mi sembra che questa sia la differenza fondante tra il letterato e l'oblomivista - che, fuor di dubbio, è un ideologo. Ottavio decora l'ambiente, Oblomov lo colma. Sostanza, nel caso di Oblomov, sostanza viscosa dell'inazione. Nel caso di noi - perché noi, vivaddio, dal fondo scriviamo - c'è prestidigitazione, spettacolo, mimesi. Finzione pessoiana, sotto nessun nome. è desueto, direi nobilmente reazionario, proclamare il vulnus della letteratura. Qui si ride, a crepapelle. Tra le rovine. Semmai, ciò che manca a questo Spieltrieb schilleriano è proprio la tragedia, la frattura in luogo della sintesi. Forma, sostanza, concezione e creazione, emozione e responso, vivere o scrivere, il problema non è questo, il problema è che le scarpe spaiate fanno ridere, inevitabilmente. Cade l'ombra.

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  4. lo fai per vezzo ma se continui a scrivere sé stesso/a/i/e dovrò fartelo notare

    paoprecisinacacacazzo

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  5. paoalzheimer, guarda che non sono io sotto tutti i nomi possibili, è un blog collettivo. Certo che sei storditaXD

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  6. @Shishin: Proprio come temevo. Mi vedo costretto, a questo punto, a sfidarti a duello. Col guanto, s'intende.
    Ora, sai che ho fatto di tutto per evitare arrivassimo a questo punto. Sai anche che il pandoro mi piace, sì, ma solo la prima fetta.
    Certo: io ho casa, ho dei peluche da crescere. Ho dei peluche, e sono tutti infinitamente tristi. Da crescere.
    Ho casa.
    Però non mi tiro indietro, sappilo. Qui nessuno si tira indietro, non si cede neppure un metro se la morte non passerà!
    , sentinella.

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  7. hnnnn
    …ero convinta di trovarmi in una selva di eteronimi

    tutti con la propria schedapersonaggio,signùr

    sarà che ho smesso di fumare

    paononnapapera

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  8. Un po' di impressioni a caldo, senza aver inteso probabilmente nulla di quanto racconti:

    la letteratura come macchina di Turing, generatrice di esperienze del possibile, mi sembrerebbe messa proprio male, dato come sta al fuoco incrociato di autobiografia e il ripetersi di 2 o 33 temi in base a come la pensi :P

    in seconda battuta in questi giorni rileggervo Cortazar, c'è un racconto che è Comportamento alle veglie funebri, sta nei Riti mi pare, per le due grandi classificazioni, e parla della possessione d'un morto, non solo come nome o "involucro" storico, ma proprio nel suo dolore e tutto, attuata per gioco, attraverso il gioco, e insomma questo per quanto riguarda il gioco, poi...

    avevo in mente altro ma l'ho perso, nel caso quando avrò riletto il tutto, per ora di questo m'accontento (per quanto misero) e dovrete accontentarvi :P

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  9. @Phlebas: l'arte decorativa è il limite verso cui tendiamo un po' tutti, a pelle. Siamo più vicini alla cassettiera Stroheim che allo Spartaco di Vela.
    Non intendo denunciare alcun vulnus, noto solo all'opera gli ingranaggi del banale. E li temo, se non altro perché gli oggetti tacciono già abbastanza - non abbiamo davvero nulla altro da dire? Forse era più sensato discutere degli universali e delle isole perfettissime al di là del mare.

    @Noluntas: la tua è una battaglia persa, il mio scalpo va dalla fronte alla bassa schiena senza soluzione di continuità. E comunque riempire peluche con i peli pubici, a occhio, è poco igienico.

    @Imago: però la macchina di Turing non genera esperienze. Non è creativa. Esegue algoritmi che, alla loro base, sono banali operatori matematici. La macchina di Turing scrive i romanzi di Moccia, o i poemi di Bondi: frulla e ricombina.

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  10. oh, nota per gli illustri colleghi: la paoina, che ci crediate o meno, è una delle più grandi poetesse italiane viventi. E non si direbbe proprio!

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  11. sembra una gran donna, io credo collezioni orsetti di peluche.

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  12. il fatto che "non si direbbe proprio" gioca tutto a suo favore, allora :P

    quand'è che ne leggeremo qualcosa, allora ?

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  13. @shishin: peli pubici? Quali? Non eri tu quello dei "poeti metrosexual"?

    (Nessun dissacratore, nessun iconoclasta - nemmeno anemico. Solo brave persone, che tendono la propria pinna alle balene).

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