martedì 14 settembre 2010

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(Questo l’ho imparato lavorando al Museo: ) Ut pictura poiesis: siccome non so disegnare scrivo. (Siccome non so disegnare alla maniera manierista che vorrei, scrivo poco e male.)

Corvi

L’incrociarsi di sottili e spesse linee nere come tagli, lungo tutto lo spazio della tela, attraverso il fondo bianco grezzo: con la grazia celere di certi scarabocchi (appuntati sul bloc-notes mentre si parla al telefono o si segue una lezione noiosa all’università) che non vengono al nodo e insieme la crudeltà precisa e rappresa del tocco del coltello o bisturi: non che siano veri squarci, sulla materia viva: non sono fughe verso altre dimensioni o altri lidi, ma linee, più o meno nettamente incise, e tali stanno. L’incrociarsi di sottili e spesse linee nere attraverso il fondo bianco grezzo: sono corvi (e ne informa pure il titolo): e poiché dal simile segue il simile com’è noto, facile giudicare il loro significato dalla dieta: e la snellezza e la crudeltà e perché ogni ghirigoro termini con un punto, ben definito, simile in tutto e per tutto a un minimo occhio.


venerdì 3 settembre 2010

"e lui idiota correva ancora per le pianure devastate e semplici della sua agonia"

[...]

finire in preda ai denti di chi? l'attrazione
che ritorna è la terra dove siamo in troppi
all'unica richiesta; e se spiegarsi è fare attese
una ad una e portarle via, quando saremmo usciti
dalle nostre case? un riguardarsi curvi e vedersi
come mani; e sono ancora rotte le nostre mani
tese a estrarsi per le ossa come figli, rese estranee
ad ascoltarsi perché parto di argilla non sia fatto
dal taglio; che per tutto questo Amos abbia visto
dal crollo del santuario fino all'annichilazione
è proprio perché diritta è la malattia che viene
dal giunco migliore, dal discendere lungo sangue
mai versato se non per l'arresto dei tempi: non
fidarti di chi non risponde mai al padre, veglia
sul pianto, dimentica fermandosi di voce in voce

*

(i tratti di questa eucaristia sono di un lividume
ciclotronico – i masoreti e le aggiunte lasciano
Qumran, unico maschio di un dio celato alla
pigrizia degli addii, dei salti in parti uguali –

è olivastro, spinge e non porta a bruciare, prende
altro genere di radici, raggio di un'unica salute)

Allah è grande alle quattro di notte e poco dopo
si ferma la voce inserita nell'impianto dei minareti,
preregistrata – chi vende l'incenso fissa le bilance –
ma non si annega a En Gedi prima che alla porta
di Damasco nell'ora di preghiera, pronti al digiuno

la sapienza non grida per le strade, non grida a noi
almeno, se non si nega nei fermi del traffico
o nel sabato finanziato degli ebrei – sempre troppa
l'America rimasta ai quattro poli – o i giorni
di Ramadan che portano il presagio, le adunate
notturne collettive scoperchiate dalla gola
dei muezzin, da supino all'osso degli addii
di un'unica salute nell'attimo che tiene l'ombra,
che si ritorce invano dalle mura, spegne
il simulacro, la cessazione degli occhi.

*

(meditare come la forma delle mani riprenda il lato
di un ritorno delle luci al Verbo, nella sola incarnazione
fatta ombra, rimessa al posto originario della voce
lasciata qui, in questa pietra, meditare come
la forma delle mani, stanza riaperta per un figlio,
il netto che segna la luce nella sola divisione
che ci fa ombra, che propende al tempo originario
della voce, lasciato qui, in queste pietre, meditare
come la forma delle mani, la stretta che qui
si è allargata, vetta per l'antro che ci ha fatti
ombre, inchiodata, sospenda il vento originario
della voce, lasciato qui, in questa pietra...)

[...]

Voglio fare la velina- Ballata della pallottola potabile

odio per la bellezza:
Hi, Barbie . . .Hi, Kan . . .
Do youwanna go for a ride ?
Sure,Ken. . .Jump in !
(Sung)I'm a Barbie girl, in a Barbie world,
Life in plastic, it's fantastic.
You can brush my hair, undress me everywhere,
Imagination, life is your creation.


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Una riproduzione delle illustrazioni di Takeshi Obata, a partire dalla copertina. Dalla prima all'ultima, credo meriterebbe tutto di essere rifatto, mentre fuori giocano a calcetto, ed è come oscillare. Potrei di gran lunga continuare a rotolarmi nel letto, mentre il tempo è terribile, il tempo del pendolo appeso alla vetta della montagna magica. Continua il tempo, esso tempo, ad inclinare le vette. Per non sentire il rumore delle pietre di Sisifo, che urlano la loro stanchezza alla valle: DISEGNATE.
Sfugge l'anima e Galatea, che dire, ti capisco. Ingrata, pallida e scorta ti scorticano i pensieri della penna, ancora innanzi al tempo (scappa!). Tempo matto, io credo che non fosse proprio da bersi. Ma quantunque, DISEGNATE. E non state a piangere innanzi case rotte, vi porgono fazzoletti (o peggio ancora la camicia). Questo scandalo lo dovrete pur sempre caricare sulle vostre spalle das schwerste Gewicht, mani di morto da sotto la tomba ci credono eterni, che ci arraffino le caviglie come quel famoso spazio, infinito intervallo nei nostri pensieri: ancora il tempo.
Prima regola: guardarsi alle caviglie->non si è mai certi di non essere il primo degli immortali.
Un uomo morto non è un uomo, dimentica la carne animata dalla fine e scivola, scivola proprio ai nostri piedi, e chiede il continuum. Perchè evidentemente ha dimenticato anche (com'è) la vita. Qui giace il sepolcro di Mnemonide..

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"E' tutto finito, è tutto finito!" Et in infinitum, proprio una bella illustrazione (sta sul retro di un libro carino), ma il quadrato nero centrale mi sembrava troppo indulgente. O comunque troppo generale. La tragedia è particolare, è una ritirata della luce. Questo nulla di cui pretendiamo avidamente i mozziconi, gli scarti inerti di pensieri fitti e ripidi, ci chiede un solo punto; bussa alla nostra porta ed a palme aperte vuole il nostro atomo opaco del male. Ci somministriamo la morte. Che con l'argomento del sorite un giorno ci beffa e d'un tratto l'Acheronte si prende tutte le nostre carte.
Beato 2010! Beata tecnologia! (Viva il corso programmatori! kkk)
Non ci sarà un altro pietoso espediente per altri Promessi Sposi (stanno scomparendo anche i promessi sposi). Facciamo iniziare la storia da quella prima memoria che si lasciava profanare dal segno, dalla scrittura, si, perchè "è rimasta". Quindi finiamola qui, una tastiera per rispondere ai famosi interrogativi di Condorcet: no, No, NO. Nessuno frugherà nei nostri cassetti ritrovandovi ciò che per gli ingenui è la celeste dote negli umani. Tutto questo che ora scivola, scivolando passa ancora più sotto che la parola, si confonde con il brusio del pubblico di Forum e diversamente dai disegni sulle caverne, con il magico tocco di un programmatore brufoloso torna al nulla. et in infinitum
Leggere fa male agli occhi, per altro. Smettete di leggere.
Poi guarda se devo ritrovarmi in una stazione troppo grande e mangiarmi le mani per la "trasparenza dell'organismo", quando dovrei disegnare, quando dovrei solo e soltanto disegnare, cristiani e decostruzionisti, DISEGNATE, con il decadentismo nel G-pen esattamente come tutti gi altri. Come tutti, oh Dio concedimi la mediocrità!
E invece io ho il tempo! L'urgenza e il tempo, nemmeno un'animella piccina così. Solo corpo, nel tempo, e con l'urgenza di essere. Come se non sapessi, si, proprio come l'ultimo degli imbecilli devo caricarmi appresso l'ombra infame di un essere umano. Kierkegaard in mezzo alla stanza che diceva "io voglio" era pazientemente ascoltato dal mefistofele nascosto tra i libri. Lui aveva un'anima. Io no.
Basta, la verità è che l'importante è saper disegnare Lelouch alla perfezione. Colorare come le clamp aiutandosi anche con quel che basta dell'autrice di Sayuki, per quanto riguarda le pieghe del vestiario. Conta solo DISEGNARE. et in infinitum-
(mi hanno sparato il tempo. e l'ho bevuto.)