lunedì 18 luglio 2011

Pruriti

«Smetti di grattarti.» chiese Pidoque. Ma Prurin, che si grattava il capo, rispose: «Mi spiace, non posso farne a meno». Pidoque smise di bere il caffè e si alzò dal divano.

«Visto che non vuoi piantarla – disse – vengo io a grattarti.» e si avvicinò a Prurin che si grattava seduto al tavolo. Davanti a lui, in un piatto, stavano due mele tagliate e un uovo fritto.

martedì 28 giugno 2011

Restless dead

I regard the existence of discarnate spirits as scientifically proved and I no longer refer to the skeptic as having any right to speak on the subject. Any man who does not accept the existence of discarnate spirits and the proof of it is either ignorant or a moral coward. I give him short shrift, and do not propose any longer to argue with him on the supposition that he knows anything about the subject.

James Hyslop, Professor of Logic and Ethics at Columbia University


Esiste, sconosciuta ai più, una considerevole mole di indizi scientifici a favore della survival hypotesis. L'aldilà, insomma. Tanto che, studiando la letteratura in merito, la tavola dei valori ne esce sovvertita e tornare a credere nella nostra estinzione finale richiede un potente atto di fede. Un atto di fede in Eschilo, Sofocle, Euripide, nella ghigliottina e nel conte Rochejaquelein, nella carica della Brigata Leggera e nel milite ignoto, nelle ultime scene dei film, in Cristo e nei chiodi, nei trapianti di cuore, nella geopolitica della pace, nella paura che naturalmente ci ispirano la notte e i denti dei coccodrilli, nelle ringhiere delle scale e nei materiali isolanti. Se a questo colossale circo di medium veridici, spettri materializzati, telepati ganzfeld, sincronicità junghiane, voci dei morti emergenti da radio senza valvole, se alla marea montante della ricerca non opponiamo la spiegazione onnipotente dell'inganno, se dentro ogni scacchista magico non troviamo il relativo nano nascosto – e io, onestamente, non credo si possa - allora dobbiamo scendere a patti con le conseguenze di una nuova realtà. E assistere all'ultimo, grande semanticidio scientifico della storia umana: la scomparsa del concetto di tragico. Difficile tracciare, a prima vista, un parallelo fra il materialismo che ha ucciso il principio antropico e la parapsicologia che ucciderà la tragedia: eppure, la scienza descrive l'universo, e l'universo non ha interesse per la coerenza filosofica dei paradigmi. Un universo increato, senza Dio, senza senso, nel quale sopravviviamo alla nostra morte come i pianeti restano in orbita, per decreto dello spazio-tempo. Una consapevolezza del genere fa esplodere le prospettive, diluendo qualsiasi evento in un oceano di estensione al punto che l'unica misura possibile diviene l'infinitamente piccolo, un sistema subatomico in cui elettroni indeterminati esistono aneddoticamente, senza troppa importanza né interesse. Se la morte non è definitiva, la sofferenza è impossibile. Se la morte non è definitiva, intorno al pugnale di Clitennestra danzano spiriti curiosi, e insieme all'Iprite soffia nelle trincee la risata di coscienze disincarnate. Se noi non moriamo, nessuna autenticità può sopravvivere: l'intero esperibile diventa uno scherzo, e i condannati di Goya proiettano, con le mani, ombre di coniglietti sul muro marrone, mentre i soldati sparano forzosamente a salve. Senza morte, non ci resta che restituire il mondo alla nebbia delle possibilità fumose e sostituirlo con il divertito, eterno rumore di fondo del pensiero. Alla fine della storia, non è necessario l'assurdo per rendere conto della felicità di Sisifo: nel nostro universo non si può essere che felici, di quella felicità stordita di chi si sveglia al mattino senza sapere giorno, né ora.

sabato 4 giugno 2011

Steel life

Lo schiavo Pasquale entrò d'un tratto in casa sua e si mise a sedere su una delle due natiche. Intanto che il peso arrivava, scesero i topi divoratori di ferro e tirarono le tende (rumore della della luce spalancata sul vuoto). Ora la lettera poteva essere aperta (la lettera si apre), quindi letta (Pasquale la raccoglie mentre se ne sta andando e la legge).
(Pausa)
-Plinio ci ha mandato Heisemberg!- (l'esclamazione raggiunge lentamente il resto dell'arredamento della stanza)
Gli oggetti si dispongono in modo tale da fare spazio alla nuova arrivata (l'esclamazione). Tra l'attaccapanni e la stufa si apre una piccola nicchia.
-Topi!- (ancora un'esclamazione)
Questa seconda non riesce a farsi strada tra i respiri. Pasquale prega i topi di respirare meno forte cosicchè possa accomodarsi da qualche parte senza morire d'asfissia. I topi gli resistono, mentre l'esclamazione prende ad afflosciarsi pietosamente tra le braccia dello schiavo, che non riesce ad aprire la finestra. Dalla finestra si pensava di ricavare altro spazio, ma tanto rimane chiusa. E i topi respirano forte.
Con la sua esclamazione in collo Pasquale cerca disperatamente altra aria. Non la trova. Pensa a Pasquale, lo schiavo, poi a -Topi!-: (giudizio) Smette di respirare.
(pausa - nuova disposizione dell'aria)
Soffoca.
L'interiezione si riprende, è libera, il diaframma è a posto, si stira.
-Dovete avere il ferro anche nel cuore, per comportarvi in questo modo- ,dice -Topi!-.
I topi, fiduciosi, si mangiano i loro stessi cuori.
A terra: cadaveri di roditori, ruggine e -cri cri-.

venerdì 20 maggio 2011

Buona notte dolce debora regina dei sogni d'oro

tutti credono di sapere tutto quello che si vede, ma non sanno un cazzo e si credono uno sballo, fai il duro e il macho ma non vali un cazzo, vali meno di zero sei come euro zero, fa il figo e il bullo ma non vali un tubo cazzeggi con le tipe ma sei fuori dalla stirpe!!!! Vuoi il rispetto? fratello ma non hai cervello!! yoooooo.

- visto che qualcuno ha creduto che fosse opera mia (devo essere davvero una brutta persona) e visto che anch'io ho un poco di pudore, annoto che questa è un'opera di Andrea Porcu. Andrea Porcu è un personaggio trascendentale di origine ipoforumistica, è Timmy in sedia a rotelle che stringe un gunblade. E' uno stalker di gran classe e in ultimo un assiduo frequentatore di case chiuse.

mercoledì 20 aprile 2011

Altrimenti Ipazia non può postare un'altra cosa perché si vergogna di scrivere solo lei ché la gente la giudica logorroica e invadente.

E tu, se ancora puoi,

proteggimi dai confini spalancati della terra,

dalle cosce bianche delle sconosciute, salvami

dal neutrone di sonno

impastato sul fondo della gola.

Così, quando è notte di luna ennesima,

l'alta marea del pianto ci batte alle orecchie

e scendiamo con la testa sott'acqua, in alta montagna:

proprio allora il verbo ritorna alla matrice logica

come l'alfiere di piombo della Guardia Giovane,

regredito al grumo di polvere, all'avancarica,

allo stampo pressato.

Un'allucinazione tra i tentacoli, infine,

le lancette nel quadrante aritmetico, dalle parti dell'amigdala:

così, accanto, ci camminano nugoli di somme,

numeri piombati

per la massa inesplosa della balena.

giovedì 10 febbraio 2011

Fiscal drug

FISCAL DRAG
Letteralmente `drenaggio fiscale`. Aumento in termine reale del prelievo fiscale che si determina quando, in virtù di un incremento nominale dei redditi personali dovuto all`inflazione, le aliquote progressive di tassazione generano un carico contributivo addizionale superiore al tasso di inflazione.



Ai Ragionieri DOS


Quando abbiamo perso il coniglio, abbiamo ritrovato un'altra cosa al di dentro del sonno.
Un uccello dalla saggia confusione, che aveva le piume della materia degli sbadigli: la Paradisera, l'uccello di Hegel e dell'economia aziendale.
Ma non era una civetta, perchè la Paradisera non portava in giudizio la notte con la severità degli occhi, che teneva sempre chiusi, e non sappiamo se avessero anche solo uno sguardo. Quando l'abbiamo trovata aveva il nido a Wall Street, dove Nerino suonava l'euro-dollaro. Così la borsa si apriva quando Nerino incendiava il sole, quindi la borsa si chiudeva quando la Paradisera cantava la resa dei conti. Così:
-Parapara-
Prima della NASDAQ avrebbe potuto sbadigliare di meglio, ma acquistando azioni, la Paradisera non era più l'uccello nolontario di una volta. E crepuscolare.
Quando non si insegnava economia aziendale a scuola, la Paradisera beveva tante cose belle e poetiche; si era indebitata per comprarsi un nido di tempo sulla Torre Eiffel. Un nido tutto di belle lancette (questo vuol dire “di tempo”).
Il giorno lo passava tra cose molto sagge, poiché la Paradisera passava di bocca in bocca, come un pettegolezzo, ma era uno sbadiglio, e mangiava le cose belle che stavano in fondo alle gole e beveva quelle brutte.
La Paradisera: l'uccello di Hegel e dell'economia aziendale, era in principio un uccello nolontario e buono . Tant'è vero che quando mangiava molto, nell'arco della digestione si chiamava Paradisea; a digestione finita si chiamava civetta come Minerva l'aveva fatta. Ed Hegel la conobbe quando ancora mangiava e beveva, ma dopo digerito. Grazie a lei, egli impresse il sintomo del proprio sonno su ben dodici volumi.
E l'allievo ha superato il maestro, perchè quanti ne ha fatti sbadigliare Hegel, non c'è riuscita nessuna Paradisera.
Poi però la Paradisera, che insegnò ad Hegel l'arte dello sbadiglio, dovette restituire il debito che aveva contratto per il suo nido a tempo sulla Torre Eiffel, e divenne povera povera, tanto che non riusciva nemmeno più a comprare lancette usate per tappare i buchi che si spalancavano sulla sua misera dimora. Le sue piume, che erano piume dei migliori guanciali, da bianche come la pace, divennero nere come la pece.
Fu allora che abbandonò le gole dei filosofi, i poeti, gli artisti e gli scrittori. Passò tutti gli anni che le ci vollero per saldare il debito acquattata nelle bocche degli studenti di economia aziendale ed insegnò loro a sbadigliare. Invece lei imparò che cos'è Il sistema informativo di bilancio e il Mercato azionario. Quindi decise di investire il suo capitale di tempo in azioni, e presto si aggiudicò importanti fette del mercato.
Poi però, quando finalmente riuscì nell'impresa, ossia quando smise di essere una Paradisera a debito, vendette subito il suo nido così vicino al cielo e ne comprò uno più fedele alla terra . A Wall Street (quello vero, in America).
Ora si agitava tutta contenta e capitalizzata, perchè poteva finalmente permettersi i cibi migliori, questo pensava: che adesso avrebbe perfino potuto permettersi la gola di Omero. Invece si accorse che non c'era più cibo.
Niente più cose belle da dire: niente più cose belle da mangiare. Ma c'era pur sempre molto da bere.
E la Paradisera allora del suo animo da becchino fece un animo da Bacco.
Triste e capitalizzata bevve, e bevve molto.
Infine sperperò tutto il suo capitale in droga fiscale. Nel marzo del 1929, la Paradisera morì per overdose.


Questo è quanto c'è da precisare su quel famoso “Uccello di Minerva” a cui noi non facciamo del tutto giustizia chiamandolo “civetta”. Infatti è qualcosa più di una civetta, è una civetta drogata, o qualora risultasse sconveniente, una civetta ubriaca.
Dunque, questo è quanto c'è da dire sulla Paradisera: l'uccello di Hegel e dell'economia aziendale.



N.B: Oggi abbiamo un indice della redditività dedicato a questo uccello bevitore, un termine coniato sicuramente per ricordare i bei tempi in cui la Paradisera era una Paradisea. Tale è l'EVA (Evaluated Value Added), e indica la capacità dell'impresa di creare valore.

martedì 1 febbraio 2011

O parmigiano portalo via

Vedi nessuno piange. Vedi ti hanno detto quella è la porta da chissà quanto tempo, vedi è quella vattene, ma tu niente, se parliamo di porte niente e infatti quanto tempo, oggi 354 tempo. Vai via e non voltarti e non tornare c'è ancora il letto come l'hai lasciato tu. Soprattutto vai via. Se qualcuno obietta forse vi mancherà beh questo qualcuno primo vaffanculo secondo non è vero e non ci serve questo stretching concettuale delle cose brutte che servono soprattutto se non sono cose brutte ma una cosa soltanto e la peggiore. Guarda medesimo qualcuno che questi sono i due minuti proverbiali per un colpo di testo in rete.
Comunque non sei come i morti che lasci il vuoto non ricordo di averti mai visto aprire gli spazi inserirti lanciarti nello spazio con te non se ne va la memoria e neanche i tempi peggiori ma il niente la zolla innocente che siamo. Vedi, vattene, quella è la porta, per una volta la vedi, vedi, non ti vogliamo.

Ti hanno visto in spiaggia col borsone dei cd, Amauri.

giovedì 27 gennaio 2011

Nicole

Aveva deciso che tutte le sue foto del profilo facebook sarebbero state scattate durante una scopata.

Chiaramente il gioco prevedeva l’implicito e il segreto: un primissimo piano della sua faccia non sarebbe stata informazione sufficiente per nessuno, esclusi i presenti.

I presenti erano anch’essi selezionati tramite un criterio di riservatezza: sconosciuti aggiunti chissà come, zero amici in comune (escludendo locali, squadre di calcio, vip e altre cose che non esistono), totalmente estranei al corpus di conoscenze che fondava la regolare socialità di Nicole.

Tuttavia non è difficile capire che una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale e se c’è facebook tanto meglio. Rimane quindi il dubbio che i fatti seguenti fossero stati già ampiamente previsti da Nicole stessa e che l’implicito e il segreto occultassero qualcosa di più implicito e segreto come la deliberata volontà di essere sputtanata.

Un maschio protagonista di un fatto simile invierà a circa il 100% dei suoi contatti maschili la foto che ritrae il frutto delle sue azioni. Forse anche a buona parte dei contatti femminili. A loro volta, molti dei contattati, sebbene del tutto estranei ai fatti, riterranno abbastanza scandalosa la notizia da diffonderla ulteriormente. Fu così che, dopo due soli cambi di immagine del profilo, Nicole vide tornare il torrente di gossip sotto forma di pagine da condividere. Tutte portavano la sua foto, la prima: gli occhi sgranati e la bocca dilatata in qualcosa a metà strada tra un sorriso e un urlo (potrebbe essere confusa con la smorfia standard che si fa alle feste), i testi cambiavano, uno diceva “Per chi vorrebbe scattarle una foto…. condividi se sai perché….. ahauhauahuahauha…..”, un altro più diretto “Ci facciamo una foto???” e uno proprio descrittivo “Questa ragazza è stata fotografata mentre faceva sesso!!!!”.

A questo punto potremmo aspettarci una reazione tragica: un ultimo set di foto con le vene tagliate e un articolo di cronaca nera sociologico sul mondo dei giovani nel quotidiano dell’indomani. Non andò così. Nicole continuò per la sua strada, che ora esisteva, collezionò almeno un’altra dozzina di foto del profilo e dribblò quattro o cinque proposte di produttori pornografici; agli amici diceva che stava bene.

Oggi Nicole è leader di un gruppo alternative rock, scrive per due fanzine di musica e cultura pop e le piacciono tanto gli animali. Nell’ultimo post sul blog dice che le mattonelle rosate delle stazioni metropolitane riducono l’immaginazione ad una partita a scacchi, un arrocco della fantasia.

Non sappiamo se crederle.

Difficile credere d'essere mai stato quel giovane imbecille.

"[...] NASTRO (voce forte, piuttosto solenne, evidentemente la voce dello stesso Krapp a un'epoca molto anteriore) Trentanove anni, oggi, sano come un... (Krapp, mentre cerca una posizione più comoda, fa cadere dal tavolo una delle scatole e il registro, riporta il nastro alla posizione di partenza, rimette in moto, riprende la posizione di prima). Trentanove anni, oggi, sano come un pesce, a parte la mia vecchia debolezza, e intellettualmente ho adesso ogni motivo di credere sulla... (esita)... cresta dell'onda... o da quelle parti. Celebrata l'orrenda ricorrenza, come sempre in questi ultimi anni, tranquillamente, alla Taverna. Non un'anima. Rimasto a sedere davanti al fuoco con gli occhi chiusi, a separare il grano dalla pula. Buttata giù qualche annotazione sul rovescio di una busta. Felice di essere di nuovo nella mia tana, nei miei vecchi stracci. Appena mangiato, mi spiace dirlo, tre banane, e solo con difficoltà mi sono astenuto da una quarta. Micidiale per un uomo nel mio stato. (Veemente) Devo eliminarle! (Pausa). La nuova luce sopra il tavolo è un miglioramente notevole. Con tutto questo buio che mi circonda, mi sento meno solo. (Pausa). In un certo senso. (Pausa). Mi piace alzarmi ogni tanto e andarci a fare un giretto per poi tornare qui da... (esita)... me. (Pausa). Krapp. (Pausa). Il grano, vediamo, che intendo dire con questa parola, intendo dire... (esita)... probabilmente intendo dire quelle cose che val la pena di avere quando tutta la polvere si sia... quando tutta la mia polvere si sia depositata. Chiudo gli occhi e cerco di immaginarmele. (Pausa. Krapp chiude brevemente gli occhi). Un silenzio straordinario, questa sera, tendo l'orecchio e non sento il più piccolo suono. La vecchia signorina McGlome canta sempre, a quest'ora. Ma non stasera. Canzoni della sua giovinezza, dice lei. Difficile immaginarsela ragazza. Una vecchia straordinaria, però. Del Connaught, credo. (Pausa). Canterò anch'io quando avrò la sua età, se mai ci arrivo? No. (Pausa). Cantavo da ragazzo? No. (Pausa). Appena risentito una vecchia annata, brani a caso. Non ho controllato sul registro, ma saranno almeno dieci o dodici anni fa. A quell'epoca vivevo ancora, più o meno, con Bianca, in Kedar Street. Ne sono uscito, da quella storia, grazie a Dio! Non c'era niente da fare. (Pausa). Non ho molto su di lei, tranne un omaggio ai suoi occhi. Molto caloroso. Li ho rivisti di colpo. (Pausa). Incomparabili! (Pausa). Insomma... (Pausa). Queste vecchie riesumazioni sono lugubri, ma spesso mi sono... (Krapp ferma il registratore, medita, lo rimette in moto)... d'aiuto prima di imbarcarmi in un una nuova... (esita)... retrospettiva. Difficile credere d'essere mai stato quel giovane imbecille. La voce! Gesù! E le aspirazioni! (Breve risata cui Krapp fa eco). E le risoluzioni! (Come sopra). Quella del bere meno, soprattutto. (Breve risata del solo Krapp). Statistiche. Ben millesettecento ore, sulle precedenti ottomila e rotti, consumate in locali autorizzati alla vendita di alcolici. Più del venti per cento, ossia il quaranta per cento della sua vita da sveglio. (Pausa). Progetti per una vita sessuale meno... (esita)... impegnativa. Ultima malattia di suo padre. Ricerca sempre meno convinta della felicità. Nessun successo coi lassativi. Sberleffi a ciò che chiama la sua giovinezza e ringraziamenti a Dio che sia finita. (Pausa). Qui, una nota falsa. (Pausa). Ombra dell'opus... magnum. In chiusura un... (breve risata)... latrato alla Provvidenza. (Lunga risata cui Krapp fa eco). Che cosa resta di tutto quel dolore? Una ragazza in un logoro cappotto verde sulla banchina di una stazione? No? (Pausa). Quando guardo... [...]"



Samuel Beckett, L'ultimo nastro di Krapp.

lunedì 17 gennaio 2011

Synephebi

Un pittore può non sapere cosa non vuole. Ma guai se vuole sapere cosa vuole! Un pittore è perduto se trova sè stesso.
Max Ernst


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Detective Pennington era un pinguino e una lente d'ingrandimento che si facevano compagnia.
Così come aveva rotto lo scheletro della vita, Pennington dedicò il resto della sua lenta morte di pinguino alla lotta contro il crimine.
Il sogno di Pennington era risolvere il Caso (che come tutti sanno è amico di Schopenhauer e nemico del cielo).

Il giorno dopo quello in cui sognò, per Caso qualcuno uccise una nuvola. E Pennington si dette all'indagine, che era un'indagine retrograda, perchè Pennington camminava all'indietro come i gamberi.

Dal grande lago partivano molte piste e altrettanti scivoli e, benchè Pennington, camminando all'indietro, le vedesse terminare anzichè partire, esso scelse comunque di partire da quella più promettente: il mare. Il mare, si, perchè il mare è sempre stato invidioso del cielo.
Tuttavia stavolta il suo latitante pareva non avere abbastanza belle le pinne per imprimersi nei pettegolezzi delle maree. Nel mentre che l'alacre pinguino si dava da fare con la sua lente d'ingrandimento, l'assassino uccise un'altra nuvola.
Allora il Popolo delle Nuvole riversò sul Polo Sud una micidiale ed incessante nevicata.
Tutti i pinguini emigrarono via. Rimase solo Pennington, quindi un cappellino da Sherlock Holmes, una lente e un colpevole sconosciuto.
-Se non è l'acqua, sarà il ghiaccio-
Il detective Pennington si avviò dunque sulla sua pista, senza perdere mai di vista le impronte che gli camminavano davanti agli occhi. E le impronte dirigevano verso il centro del continente.
E nessuno lo rivide più.

Passò più di una volta sullo stesso lago: per ogni orma Pennington faceva un passo, ma più andava avanti (quindi indietro), più si convinceva che la misura del passo è l'infinito.
Pennington sapeva di aver scelto la pista giusta; però Pennington non sapeva che lo erano tutte, perchè tutti i pinguini hanno le stesse zampe.
Quello che ha visto il grande lago sono cinque becchi di Pennington rivolti verso il cielo, quindi verso la neve, che è cielo sbriciolato (i pinguini, infatti, si riconoscono dal becco).
Molto tempo dopo, stanco ed affaticato, benchè non sapesse chi fosse l'assassino, ora sapeva che era sicuramente un pinguino -perchè è troppo diabolico per essere un altro animale e perchè lascia impronte da pinguino-
Era molto stanco, appunto: si sedette a terra ed accese un sigaro. Ma, aimè, era il Sigaro della Lucidità.
Pennington guardò le sue zampe, e poi le (sue) orme. E un pinguino e una lente d'ingrandimento compresero che le prime appartenevano alle seconde.
Per la vergogna Pennington si intirizzì. La neve ne fece un cubetto di ghiaccio.
E di nuovo non se ne seppe più nulla.

Il latitante, sentendosi finalmente libero di portare il vento ovunque volesse, ad una ad una, poco alla volta sterminò tutte le nuvole. Passati mille anni, al mondo non esistevano più nuvole.
Tra l'alto deserto azzurro e il basso deserto verde, precisamente attorno a Pennington, il sole a picco iniziò a sciogliere il ghiaccio.
-Se non è il ghiaccio, sarà l'acqua-
si disse il pinguino, che cominciava a pensare. Dopo si scongelò anche la lente, e allora fu il momento che Pennington pensò:
-Non ci sono pinguini senza ghiaccio. Se non esistono altri pinguini, al mondo c'è solo Pennington-
Ma la lente non si era ancora scongelata del tutto! Mancava ancora il detective. Dopo un poco arrivò il detective Pennington che doveva chiudere il suo caso, perchè se il Caso non si chiude entrano gli spifferi.
-Bisogna chiudere il Caso! ci vuole un colpevole-
Chiamò i pesci, tuttavi i pesci non gli risposero perchè non capivano la sua lingua, poi cercò gli uccelli, ma il fuorilegge li aveva messi tutti controsole.
-Se c'è solo Pennington, il colpevole è Pennington.-
Sul becco gli schioccò il guizzo della soddisfazione. E ripensò alle orme.
-il colpevole sono io! allora non mi ero sbagliato. Ti ho sconfitto genio del crimine. E ora..al fresco!-
Ma fortunatamente Pennington al fresco c'era di già, ed adesso con più bramosia di prima, non desiderava altro che essere scagionato dal suo cubetto di ghiaccio.
E però stavolta davvero non si rivide mai più: d'altronde senza ghiaccio, non ci sono pinguini.

giovedì 6 gennaio 2011

Benedizione del legamento

Anche questo sonno mescola le ossa, sceglie il centimetro, la statura
dell'amnesia. Tutto è esposto
alla trazione invisibile, il fiato corto degli dei
che inalano il soffitto. A nulla vale l'agilità del telaio,
la parola al carbonio, l'acqua
senza mediazioni, nel prodigio. (Qui la fine
è una funzione del tessuto, procede dall'amido).

Dunque molte cose sono un'esplosione, più le altre
che arrivano in barella
nello spazio di un taglio. Perciò della tosse credo
più della scossa: invece raduna il buio, la sillaba
dell'infortunio. Svegliarsi allora
è medicare la stanza, sbucare nel secolo.

Più alto l'incarico: tutto accade così fuori – tutto, intendo, rasoterra
in perfetta aderenza, la frizione anatomica
-
non possiamo che ricevere i feriti
dove avviene l'origine e tende
a non scomparire, ma anzi a precisare la cura

questa casa ha un decorso, una condotta clinica.

martedì 4 gennaio 2011

L'uomo che passeggiava è morto, egli era il nostro peccato.

C'era una volta un uomo che passeggiava, un giorno smise di passeggiare. Le persone che erano solite vederlo andare avanti e indietro per la strada si chiesero questi che fine avesse fatto ma l'uomo che passeggiava, non passeggiando più, nessuno sapeva dove potere andare a trovarlo per poi chiedergli notizie.
Le cose rimasero così come stavano e presto la storia dell'uomo che passeggiava divenne leggenda, in molti scrissero molto su di lui ma a noi piace pensare che sia tornato a passeggiare quando tutti, in vece del suo viso, non ebbero a ricordare altro che il suo mito.



Ciao dolce Ciclamino, non ti dimenticheremo mai.

Ora sei lassù, nel cielo con Gesù,
Ora non sei più, amara morte fu.

dea su selz

Come la calza che si smaglia, soppesi e fingi che tutto
si risani – la calce tirava la pelle fino al limite – e quasi
stai per salpare, anche se ora sali sul plesso dei nostri mille
muscoli ritesi, con la tua lacca per capelli che ne limerà
il palmo mentre risali ad Algeri – non sono stato sotto
nessuno e non ho mai giurato ma ti sento ancora simile
a qualcosa che irradia, come se mi avessero stretto attorno
delle bende – se tutti sapessero di questa pegasea binaria,
della figura di un argine in cui siamo naufragati – copiare
questo per iscritto sotto ipnosi non è scambio sinaptico
annunciato, ma incrocio di uno starci, di un resistere
precoce alla prosternazione – non è ancora tempo del trillo
a cui piegarsi, ma si corre a strisce, a scapito delle mani –
rimani tu per ora, rasserenante sboccio di borgata, unisci
e mi consoli come quando calerà scorrendo il gas dai tubi
e nei bienni a venire ti anniderai corsara in burqa correndo
nel mio cranio per tutto un tempo rischioso, indecifrabile.

[...]