sabato 28 novembre 2009

Pudore

C’è un vestito che mia sorella puntava da un pezzo, anche se lei non è proprio per i vestiti e preferisce le magliette e cose simili, che questo capodanno da venire avrebbe voluto indossare con le amiche, e ieri con mia madre e un mezzo stuolo di st’altre ragazzine è andata a Riccione dove si trovava, per vederlo e semmai comprarlo come regalo di Natale, visto che non si sa bene che desideri ricevere e solite storie, ma nelle vetrine del negozio non c’era più. Nonostante mamma insistesse, visto le storie che aveva fatto con ‘sto vestito i giorni scorsi, di chiedere alla commessa se l’avevano ancora eccetera, mi’ sorella s’è limitata a buttare un occhio alle cose in negozio, senza comprare niente e senza nemmeno più sapere se l’abbiano ancora o no, quasi non gliene fregasse in realtà nulla. Credo che il suo sia pudore.

sabato 14 novembre 2009

Antichi Maestri

"[...] Ero lì seduto e guardavo le lettere che mia moglie mi ha scritto nel corso del tempo, e mi sfogavo piangendo. Naturalmente ci abituiamo, col passare dei decenni, a un essere umano e lo amiamo per decenni, e alla fine lo amiamo più di tutto il resto e a lui ci incateniamo, e quando lo perdiamo è davvero come se avessimo perso tutto. Ho sempre creduto che fosse la musica a significare tutto per me, a volte anche la filosofia e il prodotto letterario di alto, altissimo, di supremo livello, così come ho creduto che fosse semplicemente l'arte in generale, ma tutto questo, tutta l'arte, quale che sia, non è niente se paragonata al solo e unico essere umano che abbiamo amato. Cosa non abbiamo fatto a questo solo e unico essere umano, disse Reger, in quante migliaia e centinaia di migliaia di sofferenze lo abbiamo precipitato questo essere umano che abbiamo amato più di ogni altro, come lo abbiamo tormentato questo essere umano, pur avendolo amato più di ogni altro, disse Reger. [...] Tutti quei libri e quegli scritti che io ho raccolto nel corso della mia vita e ho portato nell'appartamento della Singerstrasse per poi stiparli in tutti quegli scaffali alla fine non sono serviti a niente, io ero stato lasciato solo da mia moglie e tutti quei libri e quegli scritti erano ridicoli. Crediamo di poterci aggrappare a Shakespeare o a Kant in un momento così, ma è un'illusione, Shakesperare e Kant e tutti gli altri, che noi nel corso della nostra vita abbiamo innalzato al rango di cosiddetti grandi, ci piantano in asso proprio nel momento in cui avremmo un grandissimo bisogno di loro, così Reger, non sono una soluzione per noi e non ci sono di alcun conforto, d'un tratto essi sono per noi semplicemente disgustosi ed estranei, tutto quanto hanno pensato e poi anche scritto quei cosiddetti grandi, importantissimi personaggi, ci lascia indifferenti.[...] Lei capisce che cos'è il vuoto quando ad un tratto si ritrova tra migliaia e migliaia di libri e di scritti che l'hanno completamente abbandonata e che di colpo per lei non significano più niente, se non appunto questo vuoto atroce, così Reger. Quando lei ha perso la persona più vicina al suo cuore, tutto le sembra vuoto, dovunque lei guardi tutto è vuoto, e lei guarda e riguarda e vede che tutto è realmente vuoto, e lo sarà per sempre, così Reger. Così capisce che non sono gli spiriti magni e neppure gli Antichi Maestri che l'hanno tenuta in vita per decenni, ma solo quell'unico essere umano che lei ha amato di più di ogni altro. E lei, con questa ammissione e in questa ammissione è solo, e niente e nessuno può esserle d'aiuto, così Reger. [...]"

Thomas Bernhard, Antichi Maestri.

giovedì 5 novembre 2009

Siamo svegli, ovvero un discorso intorno alla poesia

Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.


Santo Dio. Santo Dio. Non è davvero servito a niente. My nerves are bad to-night, come si dice. Il punto, signori, è quando uno per qualche anno ha scritto poesie e poi ritornano, come la notizia della morte della zia che avevamo lasciato sul balcone, protetta dall'insormontabile montatura marrone degli occhiali. Lì l'avevamo lasciata, e così la notizia delle poesie torna, indistinguibile dalla sua morte. E voi, signori, voi scrivete qualche poesia, adesso. Io lo so, vi ho visti. Eravate con me, sulle navi. Questa vorrebbe essere la prognosi. Come ci si sente quando non si possono più scrivere poesie. Ma no, non è poi che lo si possa dire. Ma per l'amor del cielo, sappiate che la poesia finisce. Come l'acqua per la notte. Come la naftalina nei comodini. Deperibile, è una bella parola. Se permettete, c'è un complemento d'argomento, di mezzo. E dunque se ne parla, mentre tutto si sfibra ne parliamo. Siamo educati, abbiamo addosso i gingheri di Amleto. Guardate come crolla, guardate come i topi zampettano altrove. Guardate, parliamone, un dibattito, una tavola rotonda. Io chiedo spesso, alle donne che amo - che ormai sono migliaia, è proprio vero - io chiedo: ha fatto bene Parsifal a partire, nonostante la madre piangesse?

Pregate che i calamai spariscano, non muovetevi di un millimetro. Alla poesia si incolla la vita come alla carta moschicida. Sia chiaro, è pericoloso. Quando andrà via, sarete meno che prima. Non rileggetevi, è atroce. Violento, profanatorio.

Il triste vento. Questo è un mondo, davvero, senza lirica. Un mondo che si ordina e si dispone per impedire la lirica. Perché come ricorderete, gli eventi sono indistinguibili dai sassi e dalle loro parabole, e la matematica non si nasconde i genitali ed è univoca fino alla crudeltà. Io credo invece che vi siano molti peccati originali, e ognuno erediti il proprio secondo confuse linee di sangue e araldiche negoziate. Io credo che quando la poesia ci lascia, noi sopravviviamo a stento. Scrivere è chiamare la notte artica e nel silenzio incidere anatomie vitruviane di come si sfarina il proprio viso, lungo quali labbra e quali connotati e annotazioni sulla durata del processo. E i rimasugli sulfurei.

Tutto questo ha un nome da dottrina sociale, "opzione prefenziale per il cadavere". Ed è diventato di nuovo un maledetto stream, ovviamente. Non so più scrivere, credetemi, santo Dio. Certo mi consolerebbe la scrittura così arrendevolmente desueta di una che non conosco. Io, per me, mai che sia riuscito ad essere desueto e vivo nello stesso momento. Chiaramente non risponde, però. Di tutti i mondi possibili, ci è capitato il più poujadista. Bello schifo.


but always at evening time she cried.

Alla finestra, è notte

Alla finestra, è notte

Il buio artificiale
dei cavi elettrici
rimossi
non è altro che
il prolungamento
del cieco divenir.

E la passione
per le fondamenta,

(lei)
non c'è più.

mercoledì 4 novembre 2009

magis quam custodes auroram

– e che vada così, quindi, per questa gola

di marna agli incastri del porfido:

una crepa per chi va per queste strade

e osserva e ascolta, dalla facciata

ai lastrichi di marmo; e fermi, un poi –


(i rosmarini stanno lì, come un’apparizione

dal basso, nel vialetto: strane ricorrenze

fra le siepi della Cappella Espiatoria, mozzi-

coni spaiati in riflessi acquosi dalle zebre;

contatti, lumini o sirene viola a navigare)


un poi, dunque: di questo, un futuro

più o meno alienabile dal caso: un odore

su mani da cui farci trascinare, prede

sole a questo buio: o magari, cemento


e cemento fra chi va per queste strade

e osserva e ascolta; patrioti dal niente,

ma davvero, almeno fino a un segno

in questo squarcio di voce, distratti

attendere l’ora in cui gridare terra