mercoledì 30 dicembre 2009

Gli impagliati

Le dominazioni, e le potenze.


“Qual è, dunque, quella piccola?”
“Il dolore.”
“Il dolore? Possibile che sia cosí importante... in questo caso?”
(cit)


E' un determinato numero di chiardiluna a scandire la foschia.Sale l'ululato monotono delle pale che stanno alla propria traiettoria (non come le gocce di pioggia), si spande per divaricazioni filiformi, è la solitudine collettiva incipriata di luna. Le mosche nel tempo, nessun amore sprecato, ma la vita si. Non sapere che ricordare significa vivere all'indietro.Le costellazioni si alternano secondo i ritmi di un astrolabio d'oro. E dov'è il motore immobile? La campagna si prostra al ronzio della meccanica, le colline incupiscono prevedendo l'intima ripercussione, l'efflato violento di un'orma mattiniera pronta a ferire la delicata superficie erbosa. Poi la lama che fende una valle di lacrime. I fori dei suoi occhi bucano il cielo, un fascio malformato di rette spezzate, l'aborto della geometria nella dominazione campestre, un brutto sogno attraversa il campo senza pensare. E lo spaventapasseri ride. La visiera calata fino alla disturbante posizione di un naso dovuto, ma dimenticato a dovere.A differenza degli uomini con il naso i baubau impagliati hanno un pudore naturale a cui fa testimonianza spiacevole un pessimo e sempiterno vestiario sgualcito dall'estate passata, da quella dopo, senza alcuna differenza. La rovina è la rovina, non importa quanto sia ingente il danno, chi rompe paga. Un corvo svampito gli si posa sul cappello ingiallito, duplice insulto alla natura e alla dignità annerito da un'imperfezione nella purezza delle metafore. Il fallimento di un processo, l'incongruenza sottile di una svista lasciata sul bordo dell'infinito, il sonno appassionato di due ali ripiegate sul mostro ed un disprezzo immobile incuneato nel disprezzo cosmico. A questi livelli l'impotenza si moltiplica perpetrando una duplicazione vettoriale, l'identità (e l'ideologia) che di nulla si può fare altrimenti e che il giudizio rifugga un contatto incompleto come la spedizione su una retta infinita. Fedeli all'essenza ci si prefigge il raggiungimento di menomazioni posizionate all'ingresso dell'attimo a venire, esistono paesaggi inconsueti sotto lo sguardo inceneritore del sole, rarità elargite dal futurismo galattico, gridi particolarmente forti e sordità particolarmente impenetrabili.Sentire il grano che spalleggia; c'è un'eleganza nel preservare il tutto dal nostro grido, anche una stupidità. Le tenebre rivestono con analoga premura la fragilità delle capocchie rivolte all'ingiù con l'offesa silenziosa tra debolezze affiancate dal disturbo. Una civetta che vola di giorno muta lo spavento in affetto, qualche insetto divora l'organicità del tempo, ma prima o poi, se non si è pietrificati dal gelo si vola via. Le pietre singolari sono preziose quanto fragili, l'incanto del mondo si mantiene per un periodo condecente alla genetica. Forse allora la cosa peggiore è che qui fa freddo. Sotto le lastre sovrapposte del terreno esistono delle sospensioni puntiformi separate dal passato, l'abbondanza con la penuria oggi lamentano una neve immensa. Lo scricchiolio di una piccola fuga congelata abbraccia l'affanno della paglia cristallizzando simulacri fuori dal tempo, il licenziamento dei controllori impagliati a cui una sterilità cinerea dei campi suggerisce la crocefissione. E il cielo e la terra si dividono uno spartito di convocazioni ugualmente trascurato, inetto, dove la vita si è disposta alla maniera della morte.

1 commento:

  1. We are the hollow men, the stuffed men...
    Ipazia ha talento, e questo è tutto quello che c'è da dire, qui, su di lei. E anche che è una principessa dei Seelie: ma questo, credo, le ha procurato dispiaceri.

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