domenica 20 dicembre 2009

An Empty Shroud

Oggi. È un mozzicone in tasca: gettare una presenza che
magari si piega e poi se ne scorre via, riprende un flusso
subitaneo, e rivoli e rivoli, giù nel lavabo, nelle tubature
che prendono il colpo d’ariete, è questa una redenzione?

Ma no… è solo che sono qui ancora, sì, ma con l’equilibrio
compromesso di una cenere ritorta, nelle corse del vento
dall’estremità che ho acceso; io non so se è il fumo o cosa,
ma disimparo la vita: su una parola, il sonno che il tempo

ritiene al suo oscillare: anche la grondaia ha uno specchio;
mi guardo, e di traverso apprendo e so che è proprio così,
e non c’è né un modo né il momento per capire come fare
a rivedermi come lì, e non c’è quel qualcosa che s’avvera,

come una luce che s’accenna al muro, o giù, e all’indietro
e in avanti, ed è come l’aria da cui tendi a risalire: prendo
questa tua frazione, escissa dalla luce quando l’acqua non
ritorna più di qui, e tu diventi sporca, opaca, e non ti vedo

come dall’ingresso delle case; spazi ricreati, e ricreabili, se
penso in due: c’è la stessa inesistenza incredibile, davvero
mi presto uno stupore ed è come fossi prossimo al cadere;
ed è in un modo che, come dire, è giorno, immagine di noi.

1 commento: