lunedì 21 dicembre 2009

Qualche vecchio ed una riva

È un piccolo molo, un corto frangiflutti penzola spavaldo sulle piccole onde del golfo. Sopra i massi è stato gettato un po' di cemento così da potervici camminare sopra e raggiungere poi la piccola piazzola in fondo, dove da tempo ormai brilla di sera una piccola lampada
Lì, sotto la luce ancora in potenza, cioè spenta, è seduto un uomo, per terra. Una gamba è distesa parallela al cemento ed un piede sporge al di là, appeso sull'acqua. L'altra gamba è tirata su e la cingono le braccia dell'uomo con delicatezza. Le mani sono coperte da pesanti guanti in montone. Il capo invece è coperto da una calda coppola e da un'abbondante sciarpa scozzese, rossa. Poi, dopo il collo, la sciarpa scende sotto l'impermeabile grigio e questo è tutto ciò che vediamo dell'uomo. Gli occhi, quelli non li vediamo. Non possiamo vederli perché non sappiamo dove cercarli, non sappiamo come cercarli. Vitrei bulbi azzurri circondati da pendule carni rugose, ma non sono occhi. Lo sguardo dell'uomo è rivolto all'orizzonte, e riflette il rosso sanguigno della sera, ma non sta guardando quello, gli occhi sono altrove. In tasca, forse, per tenerli al riparo dal vento.
Un onda più alta esplode sul frangiflutti.
L'uomo, da seduto che era allarga le braccia, le punta al suolo e con tenacia si tira su. Appoggia un gomito sulla lanterna e guarda indietro, verso la terra.
Ora, sopra il sentiero di cemento, si trova un'altra persona. Cammina, va avanti e man mano che avanza sembra catturi e possieda dentro di se ogni cosa egli guardi. Dietro di lui c'è solo il grigio cielo rannuvolato. Il paese, la spiaggia, il porto non hanno alcuna importanza, non si vedono più, non sono mai stati. L'uomo indossa un cappotto verde e si aiuta nel cammino con un nodoso bastone. Dalla tasca del cappotto spunta fuori il negozio di barche del vecchio Sergej; è in bilico, non che la tasca sia troppo piccola ma sta per cadere. Difatti cade.
Giù, giù e quando tocca terra si stacca il tetto.
L'uomo col cappotto verde se ne accorge. Sbuffa, la cosa lo annoia. Il suo viso, al contrario dell'altro uomo è ben visibile. Indossa anche lui una sciarpa (bianca, come i pantaloni) ma la tiene annodata sotto il collo. Il viso è lungo, un paio di baffi sotto il naso prominente. Una cicatrice lunga quattro centimetri scende sotto l'occhio sinistro. L'occhio sinistro, si, di quest'uomo vediamo anche gli occhi, degli occhi neri, e guardano il negozio di barche caduto per terra. Sbuffa di nuovo e si china. Passa il bastone di mano e tende il braccio di quella libera. Sembra si sforzi più di allungare il braccio che di piegarsi sulle ginocchia, ma il braccio non si allunga abbastanza. Allora si piega ma un colpo di vento colpisce il cappello che l'uomo portava sul capo e vola via. Il cappello, non il colpo di vento.
Vola, vola il cappello, vola in alto nel cielo assieme alle foglie, alla polvere ed alle finestre (stanche queste ultime di stare solo a guardare ma spaventate dalla forza con cui vengono spinte dal vento. Sbattono le ante come vecchie signore). Incontra il freddo e ricade giù, verso il basso, dove viene raccolto dall'altro uomo sul molo, quello con la coppola.
“Grazie Miguel”
Miguel tende la mano e restituisce il cappello, il cappello marrone, il cappello dal taglio classico con le falde larghe, il cappello bagnato, cappello fatato, quel cappello tanto agognato.
“Miguel, ora però tira fuori gli occhi. Il tramonto è davvero bello”
Miguel obbedisce, si trova d'accordo. Tira fuori gli occhi dalla tasca con una mano mentre con l'altra si toglie la sciarpa dal viso. Ha una folta barba, Miguel, da pescatore ed è bianca. Folta. Miguel indossa gli occhi, il tramonto è davvero bello.
“Andiamo adesso” dice l'uomo dentro cui si trova di tutto.
Mani dietro la schiena allora si voltano e vanno: lasciano il molo, lasciano il mondo.
Il tramonto perde colore, appare ormai candida una luna inumana, il mare ed il cielo ritrovano la scura confusione ancora una volta.
Due giorni più tardi il vecchio Sergej nutriva dubbi sulle profonde crepe apparse in negozio.

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