domenica 5 luglio 2009

Zur Seinsfrage

Capita che i morti tornino, come un'inondazione. Li si vede allora sbucare dalle campagne, dalle acque, dalle lunghe ombre attorno alle strade. Hanno braccia e mani affilatissime, un collo sbilenco e, proprio sotto lo sterno, tre o quattro tasche scucite. Hanno, a dir la verità, anche un paio di gambe e certi altri dettagli, ma comunque pochissimo di umano. Non ci somigliano. Ricordano, piuttosto, la sagoma sottile dei lampioni, e come i lampioni hanno un alone stanco, e un'aria rassegnata, e un ordine segreto. A volte svaniscono dopo qualche passo appena. Altre volte, invece, continuano il cammino, si radunano in antichissime sale, negli atri ciechi delle scuole, attorno ai davanzali, nei nostri corridoi.
Si dispongono in cerchio e poi convergono, uniti, fino a schiacciare le direzioni. Quando sono tutti premuti nello stesso luogo si intersecano, si sovrappongono, e alla fine non si distinguono più l'uno dall'altro. Così, raccolti, sembrano reggere ogni spazio, incrociare i marciapiedi infiniti, la luce dei fari, le discese ripidissime e tutte le curve. Abbinano gli oggetti, li combinano, saldano un punto di fuga. Io non conosco, però, le loro formule, i loro codici. Né so dirvi che altro accade.
E' possibile che i morti abbiano un mestiere, e che ritornino proprio per questo. Che a un certo punto siano scossi dal sonno per un'anomalia dei ponti, perché i nessi resistono a fatica. Il mondo si incrina, le cose sfumano, tutto diventa vapore. E allora vengono i morti, come un vento gelido, e salvano la logica, riallacciano i legami. Arrivano alle cose -a tutte le cose- e le prosciugano. Quando ritornano il mondo si fa sottile, i volumi evaporano, i lampioni si accartocciano, le strade si stringono ed io divento un poco più triste.

Vedete, io non dormo molto, e così mi è successo. Mi è successo di avvistare i morti, a piccoli gruppi, e spesso ho temuto di vederli entrare dalla finestra aperta, lentissimi, in processione. A quel punto mi sono sempre addormentato.
Per questo motivo ho una mia teoria, su di loro. Io credo che i morti accerchino le nostre stanze, i nostri letti. Viene un momento in cui tutto sta per crollare, e allora salgono dalle piastrelle, calano dal soffitto, come un sonno sconfinato. Ed è questo che fanno: chiudono i minuti, aggiustano le valvole esplose del sonno.

A volte, di notte, si sente come un canto, un inno infuso nelle pareti. Io vi dico che questo canto è il canto dei morti e che, se fate attenzione, lungo certe ore, potrete sentirlo anche voi.

3 commenti:

  1. Tu, quando sarò grande, sarai il mio scrittore preferito, credo

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  2. mmm - c'è una nota più manganelliana del solito, o m'abbaglio ?

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  3. @avatarz:quando saremo grandi ci sfideremo a pokèmon con squadre finalmente competitive, ecco cosa! E poi basta, amico mio
    @imago:I morti ci portano le esatte geometrie sotterranee, questo sì. E quando vengono, alle spalle hanno un cielo di rame, e il loro buio è un buio metallico. Ma non si tratta di sperimentare, comunque, perchè queste cose le ho dette e scritte secoli fa, poco importa che poi non lo abbia fatto sino a ieri. Diciamo che questo è più l'onestissimo verbale di un qualche lontano e ripetuto esperimento. Io volevo dirvi che i morti ci salvano, amici miei. Sono strane creature, sapete? Ma molto cortesi.

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