Seigneur, quant froide est la prairie,
dopo aver visto mirande cose passare
dalle campagne elettorali, alle stazioni
inerti sotto ai treni, agli stabili deserti,
balneari (disobbedienza alla produzione
di segni, all’emissione vacanziera):
un problema di mensure, uno sgomento
differente, flesso all’occasione divisoria;
il cartongesso alle corde, in colonna
assieme alle prenotazioni, oltre
l’apparente garbo delle cose:
si mette mano alle danze, alla differita del passo;
ci si nutre di scorci, sugli stipiti
in fuga dai paesaggi rovesciati,
discesi dai disordini dell’aria:
usciamo sempre attraverso i vetri, sugli svolazzi di buio,
nuotando protesi allo scatto, vòlti al sudario che tempra quest’aria;
siamo l'odore delle chiavi di casa, sopra un confine a specchio
(o chissà dove):
oggi lasciate andare le lacrime
cadute, ghermite dall'utero del tempo,
sull'indugio di rampicanti inadatti:
si scrostano le serrande abbassate, sugli orizzonti dopo, sotto i ritratti:
vibratile inerzia questa veglia, presenze del mattino.
Ad una prima lettura mi è piaciuta. Poi la rileggerò con più calma e articolerò maggiormente la risposta.
RispondiEliminaMi è piaciuto molto. Forse è, tra le tue, quella che mi è più piaciuta in assoluto. La chiusa è sempre molto garbata, anche se forse poco incisiva. Ma, appunto, può essere una questione di gentilezza. Per non ferire gli occhi.
RispondiEliminaOra però davo fare la doccia, davvero xD
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RispondiEliminala scrittura e l'indifferenza, dicevo.
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