domenica 5 luglio 2009

Antilogia dell'attrito

Si potrebbe dire
"nel ventre del convivio"
un ospite: l'angelo di ferro
templi amati - materia - crocifigge;

seguendo la fase
di coibentazione delle assi
crescono agli innesti i sedimenti,
le schegge eretiche, chiodi

superstiti madri
si guardano, inermi
spezzano antenne, e cablaggi,
nelle ultime notti

(noi caduti, a ogni nuova luna)

il sacrificio
a Penelope: in ordine,
sorda e sconfitta,
poliandrofaga muta,
tarantata - salvezza -
tremante subisce

Palinsesti. E il Suo brando
in apologo, ad misericordiam!

3 commenti:

  1. una cosa da poeta doctus... più che un commentario, si tratta del cuore di un discorso filosofico. L'enumerazione finale mi pare una tassonomia dell'umano.

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  2. Sostanzialmente d'accordo con il signore qui sopra.
    Poesia come raschiatura dagli strati fibrosi della Storia, alla ricerca di una scripta inferior nascosta non si sa bene in quale squarcio di tempo, una cernita da bibliofilo, tanto minuziosa quanto esasperata. O almeno, questa è l'impressione che mi ha dato; mi è piaciuta particolarmente.

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  3. @Phlebas: tassonomia imposta, oltretutto. L'ideologia letteraria è essa stessa compromessa con i grandi mattini del progresso.

    @Poliphilus: sì, è una delle interpretazioni possibili. L'altra è quella della raschiatura delle nostre lettere, pronte ad essere sovrascritte da nuove bugie. Processo, questo, ineluttabile quanto il fallimento dello stratagemma di Penelope. L'uomo alla fine è ridotto, letteralmente, a una parentesi all'ombra della spada.
    Il che giustifica una poesia che gratta sulle pareti, al buio; e da qui si ritorna al punto di partenza.

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