mercoledì 17 febbraio 2010

Inno al -Coniglio- Perduto

(una cosa che devo ricordarmi di fare)

L'ha chiamata "eudemonia", o forse ero distratta, ma doveva assomigliare a qualcosa di simile. Col tempo ho imparato a riconoscere i respiri dell'atmosfera (anche se non sappiamo il numero dei respiri, e la direzione). La parola ha una cadenza come di passi, fuori, affannati, sulle scale -si, sento passi, sulle scale-. Ma la parola e i passi sono anime della stessa danza; rivolti all'indietro, quest'ultimi, sanno ancora di possibile, lecito, concesso.._
Parlare no, è un tintinnio disturbante: -tacchi, non propriamente passi, passi con tacchi- un puntello fisso al centro degli emisferi, petulante, nelle orecchie, sotto il cemento. Comincio a realizzare di essere stata murata viva col mio suono, nelle orecchie, sempre, ad ogni modo. Come sentirlo, annunciato appena e con timore, un rimorso incisivo sulla luna che incendia la notte, ronza (solo non posso saperlo) invece che.._

-Scusi, lei ne ha mai perso uno?-
-Di cosa, perdoni (dannatamente distratta, già)-
-Del Sonno, ha mai perso del Sonno, le chiedo. Penso che la cosa sia interessante, da un certo punto di svista.-

Sonno, quando parlo tendo continuamente a soffocare, declinare col vuoto (è il problema del grafico a dispersione, sul foglio elettronico), silenzio, calma..- "Io ho sonno", temerariamente, ma non vorrei ritrovarmi al centro della tenda, mi pare evidente; scappo dal sonno, ho fretta, arretro a ritmi decrescenti fino allo scadere del sole. Dovrei imparare, un giorno (sarà il caso di sognarlo ancora. Per non dimenticare) -come le foibe- Per adesso so solo andare a gattoni, a volte perdo le lettere, le lancette incollate, fiori di legno. (o meglio faccio di tutto un affare letterario, penso) Ma anche per forza di cose, mi servono tutte le zampe (le mani, i caratteri maiuscoli), non ho proprio nulla, mi occorre ogni libertà per agevolare il corso (il corso è traditore, come la tomba dell'anima).
Dalle profondità auricolari nascono anche le immagini più calde. Oh, per Cartesio, almeno così mi assicura, siamo tutti visionari. E l'immensità compone il premere, incorpora tutta la pressione attivando lo spazio, così due parole divise da sè, però anche dalla libertà, perchè ogni parola è il proprio grido -che compenetra l'angelo, un sonno antropomorfo.._
"Io sonno", grazie alla grammatica, grazie molte (segno rosso): "Io sono".
Credo di non aver perso alcunchè (ma le strade, i palazzi, un cielo più alto, basso se teso sul mare, sul ponte: una tensione del lago, e poi forse le campane nelle orecchie, immagini vive/e/o/morte, le castagne, per figure e figure sul fondo e_
Si, ma non il Sonno, comunque. O l'Essere, se volete.


-No, non credo. (...)-
-Ci vorrà molto, penso, perchè ti passi (si struscia il naso - ode al pan tarei)-
-Vorrei parlarle ancora di Sonno. Oppure quella frase di Montaigne..com'era..-

(viltà di dialogare, si sono ancora invertite le parti)
Delle orecchie, già. Ci vorrebbero delle orecchie nuove.

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