venerdì 22 ottobre 2010

Suite

Cavour è morto a casa e in parlamento, niente colpi di testa per lui ma l’aderenza facile e felice a un’ideale piattezza novarese, al taglio geometrico e distinto: non le fughe con le amanti né interruzioni al suono del campanello o del telefono, né la rincorsa verticale dopo il rumore dell’elicottero in volo o il merlo fuori dalla finestra vago: invece lo scivolare, di piatto, sulla superficie delle cose, con la lama tagliente dell’ombelico spinta per tutti i ripiani, le mensole, i mobili di casa: il pensiero delle ciabatte fuori dalla porta, il conteggio del pane e la lattuga, il ripetersi in tutte le stanze di un bel soffitto a cassettoni.


Il Conte di Cavour con tutto il suo misurato passeggiare non può dar conto della minima ampiezza del suo sguardo né traversarlo fino in fondo, cosa che una mosca può: appiattendosi fastidiosamente tra la cornea ed il reale, spigoloso, spinto fuori: così misura il passo alla sua impronta tra un estremo di abbandono e un diktat: mentre pensa da solo ad alta voce tutto il suo discorso è un ultimatum che ogni giorno rimanda, uguale, al giorno dopo.


Cavour ventitreenne si nasconde vergognoso tra le righe fitte e le foto di Novara Magica: scarmigliato e già gli occhi pignoli di chi non sopporta i puntini alle troppe i del proprio nome: indifferente come un epicureo troppo attratto dalle pietre del proprio giardino e distratto delle piante se non grasse, troppo applicato all’arte di star seduti dritti sulla sedia, rigido impiccato allo schienale: è la sfiga di abitare i baluardi di una città priva di viuzze pur standone lontano né averla mai vista, messa in croce dalla rete gettata delle strade scavate tra cardo e decumano.


Otto Bismark cammina per i portici del centro col passo di marcia della sua sciabola al fianco: ogni inciampo, ogni deviare inavvertito per scampar alla deriva di un passante è il fiorire per l’aria di cicatrici in linea retta: così si sfoga, con centocinquant’anni di ritardo, la pazienza asburgica: contando con lo sguardo e l’aria tersa i fili d’erba dell’aiuola smunta che ha davanti, la raccolta differenziata della carta e le lattine, il ritardo previsto dei treni alla stazione.

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