giovedì 17 giugno 2010

According to Webster - come ho disimparato le mie fortune

Quando parlavo al telefono non capivo mai se la voce che sentivo era quella di un uomo di una donna. Dovetti praticare un foro all'altezza dell'intestino. Per sentirci di meno. Ma ora è uscito il sole. È arrivato senza preavviso, distruggendo le mie logiche, i miei ragionamenti, portandomi via l'ultimo residuo di coerenza. Lui, solo, a boicottare le stelle: e un solo maledetto sorriso mi ha sconvolto dentro.
Ma non erano uguali. Erano solamente le parole a imporci questa contiguità, a trainarci in un coagulo di moltiplicazione dei punti critici per arruolare le nebulose. Fiffo, spero che tu...io non perdo colpi, ero impegnato a cercare questo per voi.

Hanno dato l'orario di inizio preciso della gara mentre mi stavo riscaldando. Mortificato. Davvero.


Ma dai! Non ti preoccupare. Mi sono fatto un giro in bici, ne avevo proprio bisogno - per staccare un po' da uno studio strascicato e inutile (oggi sono anche andato a correre mezz'ora al Ravizza, finalmente, dopo tanto, troppo tempo) - ti mando poi qualche lembo di carne perché perdo i pezzi. Martedì alle nove c'è il ripasso, ma io non ripasso, io affogo con Borges.

Un applauso a quest'uomo: è facile attirare la gente dicendo cose comuni a tutti. Più difficile segnare un goal all'Olanda: e questo infatti non accade, andiamo ad Amsterdam senza capirla, la sfioriamo soltanto. Stiamo lì, appoggiati all'uscio, a leccarle il campanello: senza trovare il coraggio di suonarlo, senza trovare quella pressione che non ci faccia sentire in colpa. Perché non importa l'effetto, è una cosa formale. Mi raccomando, ragazzi: non presentatevi in pantaloncini corti o in costume da bagno. I peli.


A me fanno ugualmente cagare. Questa immaginetta parlava di te, che ancora rifiuti i pomelli e non prenoti le fermate. So bene cos'è una derivata, non conosco gli integrali.

Quest'uomo, io dico, merita più di un applauso, perché è grazie a lui che l'anno scorso sei riuscito ad annettere la Lituania. I campi seminati a sangue non regalano i frutti più succosi. Certo! ma il castello dov'è? che fermata? quanto ci metto?

Here comes goodbye. La presenza del piantone è innecessaria, a patto che la sorveglianza. Siamo come due satelliti: abbiamo bisogno di gravitare vicino. Vaglielo a spiegare, poi, che un satellite ha già rinunciato ai suoi bisogni. Allora io e te dobbiamo fidanzarci. xD

Lo scatolone dei ricordi. Ci trovo un super liquidator. In strada tutti a sparare.

Io ricordo il nascondino. Un nascondino estraneo alle metafore, un nascondino vero, di te e me, quando contare fino a cento era davvero il mio pensiero più abissale. Ci troviamo in quel giardino, con le pistole ad acqua. Ora tu dirai: a che punto credi, se prima eri solo lì, come tutti, non serve scriverlo, a me sembri un po' paralizzato, se penso che io rifletto sulle scritte dei muri e invece tu ancora non puoi permetterti di firmare le strade.

Io sono uno che si diverte con poco. Ancora augurissimi, Silvia.


Bellissimo intervento, assolutamente da leggere. Scegliamo di tenere ancora.


We choose to draw again.
We choose to draw again.
We choose to draw again.
But Evil keeps his hand as do we...


1 commento:

  1. Alla ricerca della ricerca, facendo l'occhiolino alle testimoni mentre allungano le dita nei fossi e ne cavano fanciulle musulmane. Intingiamo d'ammoniaca questa piscina pulciosa!

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