martedì 28 dicembre 2010

stare mare

Tornado e Tempesta si trascinano per i portici fieri dei loro soprannomi.

Tornado è alto un metro e settantotto centimetri, dalla mamma ha ereditato lineamenti molto delicati e dal papà occhi molto convenzionali. Veste un solo colore per volta.Tempesta è bassa e magra, non ha ereditato nulla dai genitori e, se pure fosse, se lo è già tinto diverse volte. La faccia cattiva di Tornado, quella che lo rende rispettato cioè che gli garantisce il suo soprannome, prende forma in un’estrema rilassatezza del volto che induce i pesci piccoli a ritrattare scherzosamente quello che hanno appena affermato e i pesci medi a riportare dignitosamente la conversazione su un piano più adulto. I pesci grandi lo conoscono. Tempesta conosce solo l’insulto, le minacce e le botte.

Il rapporto che li lega trae forza dalla sua indefinibilità. Sì, sono stati insieme i primi anni del liceo, poi si sono lasciati, si sono rimessi insieme per poi lasciarsi ancora. Ora fanno sesso sporadicamente, alcuni li chiamano “migliori amici”. Non so se esista un solo esempio di quella coppia aperta fantasticata dai teorici della libertà sessuale, quel tipo di rapporto dove gelosia e possesso sono pallidi ricordi del patriarcato e l’accoppiamento un gioco come un altro che ammette preferenze ma non esclusività; se esiste non è questo il caso. Tutti ricordano le apparizioni spettrali dell’estrema rilassatezza facciale di Tornado, tra le luci intermittenti del BlackOutRockClub, vorticare attorno al corpo danzante di Tempesta, sabato scorso verso l’una e mezza, le due. Solo Martina invece ricorda il calcio che le è arrivato da sotto il tavolo quando due giorni fa, alla riunione del collettivo, ha fatto un’allusione di troppo sulla contraddittorietà che i tipi tranquilli come Tornado esprimerebbero al letto.

Vongola saltella nervoso per i portici in direzione identica e verso contrario a Tornado e Tempesta. Esistono cinque storie sull’origine del suo soprannome, due sicuramente false, due parzialmente vere e una così assurda da far sballare anche la logica fuzzy. Avete presente l’imbarazzo quando scendete alla stessa fermata di una ragazza e prendete la stessa strada, con lei che si gira nervosamente affrettando il passo e voi che tentate di fare la faccia più innocua e svagata di cui siete capaci ma che a lei sembra solo perversamente ipnotizzata sulla visione allucinatoria di un futuro crimine sessuale? Vongola si sente così con tutte le persone, in tutte le situazioni. Ha capito di non fare paura a nessuno e per questo ha paura di tutti.

La comitiva che frequenta lo ha mandato a saldare un buffo con uno spaccino testa di cazzo, gli hanno dato una serie di ordini comportamentali contraddittori sperando che faccia qualche stronzata e venga devastato di botte. Un po’ per avere un pretesto per chiudere i rapporti con lo spaccino testa di cazzo, un po’ per le botte in sé. L’ultima volta che Vongola ha avuto a che fare anche con gli elementi più gerarchicamente inesistenti della criminalità organizzata si è trovato a reinventare il suo intero albero genealogico per escludere ogni parentela con le forze dell’ordine.

Quando Vongola entra nel campo visivo di Tornado e Tempesta, Tempesta dice “C’è mio fratello, attraversiamo”. Quando Vongola nota Tornado e Tempesta che si muovono come gamberi verso la strada, cerca l’espressione più adatta per salutarli ma l’unica cosa che riesce a dire è “LA MACCHINA!”, salvando dalla morte (o forse dall’ospedale) i due distratti fuggiaschi che, per assicurarsi di fare in tempo, avevano tenuto gli occhi incollati sul ripugnante ma provvidenziale Vongola, muovendosi verso la strada come gamberi.

In questi momenti Tempesta pensa che le persone deboli e penose come suo fratello siano state ricompensate in qualche modo da Dio che, come in un gioco di ruolo, non può creare personaggi quantitativamente inferiori ad altri, ma solo distribuire in maniera diversa i punti nelle varie qualità disponibili. Allora Vongola avrebbe un cuore pieno di bontà ma povero di coraggio, una straripante empatia per tutte le creature del mondo e una beffarda incapacità a relazionarcisi come cristo comanda. Ma in questi momenti Tempesta sa bene di teorizzare cazzate. Lei sa che il soprannome del fratello deriva dai drammatici siparietti di agonia mollusca che metteva in scena prima di strappare gli esserini, ormai (purtroppo per lui) morti, dalla loro conchiglia natale.

Tuttavia in questi momenti Vongola si sente il cuore pieno di bontà e tutt’altro che povero di coraggio al punto da riuscire a chiedere un favore personale abbassando gli occhi solo un paio di volte.

Ora lo spaccino testa di cazzo se la vedrà con Tornado.

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